Dov’è l’amore?

Dov’è l’amore ?

Osservo il garbo con cui l’impiegata si rivolge a me, lo stesso con cui si è rivolta a decine di persone nel giro di qualche ora: immersa tra scontrosità , gentilezza, impazienza, cordialità, arroganza e, talvolta, una buona dose di ignoranza, lei giace seduta, apparentemente serena.

Provo una prudente stima nei confronti della lavoratrice dal sorriso serafico che, con il fluire delle ore, si è trasformato in una paresi facciale.

Mi chiedo fino a che punto sia tollerabile passare la giornata sorridendo a tutti, indipendentemente dall’atteggiamento che essi hanno nei tuoi confronti.
Mi chiedo se arriverà a casa e riverserà tutto quello che ha accumulato nelle mura di ciò che dovrebbe essere
il posto perfetto per riposare; casa, capanna, nido, tana, riparo, un posto sicuro dove amare e farsi amare, forse.

Amore, grande parola, presa poco sul serio.
Siamo bravi ad elargirla, senza comprenderne bene il significato.
Forse la usiamo così tanto per colmare la mancanza di ciò che rappresenta.
Amore, una parola dal significato duttile, confuso, camaleontico.
Amore, qualcosa dietro cui nascondere azioni bieche, uno scudo che ci dà le scusanti per tradire, noi stessi per primi, per soffocare e farsi soffocare, per dominare, per prevaricare, per controllare, per padroneggiare, per dimostrare…

-Se sarò gentile ed amorevole mi accetteranno-
-Devo agire in questo modo perché così dimostro il mio amore-
-Se mi ama deve stare solo con me-
-Se insegnerò lui/lei ad amarmi non mi lascerà mai-
-Ti amo se…-
-Mi ama se…-

Dov’è finito l’amore?

Sdraiata sul divano fissando il soffitto, mi sento lontanissima da lui.
Chiudo gli occhi e ascolto un cuore che fatica a battere, stizzito dagli orrori delle azioni fatte in nome dell’amore.
Il mio cuore si è raggrinzito.
Eppure ricordo che un tempo, non molto lontano, ascoltavo il suo pulsare armonioso, leggero, maestoso, pieno.
Mi basta il ricordo per tornare lì, dalla mia bambina.
Ed ecco che torni leggero, mio amore.